Rassegna stampa

  • Frans Timmermans: "Con Biden vinceremo la battaglia per il clima"

    “La pandemia in corso ha ricordato a tutti che la nostra salute dipende da quella del pianeta. C’è bisogno di ristabilire equilibro nel nostro rapporto con la natura e l’ambiente”. A dirlo è Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea, nonché commissario per il Clima con delega al Green Deal. Un olandese che crede fermamente nella possibilità di una svolta green dell’Europa a partire dall’agricoltura. E nel ruolo centrale che deve avere il Vecchio Continente nella lotta ai cambiamenti climatici. In questa intervista in esclusiva all’HuffPost racconta come intende raggiungere questi obiettivi.
    Con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca si aprono prospettive diverse nella lotta mondiale al cambiamento climatico. Cosa si attende l’Ue dalla nuova amministrazione americana a partire dalla Conferenza Onu sul clima che si terrà nel novembre prossimo a Glasgow, in Scozia?
    “Parlerò a breve con John Kerry (inviato speciale del presidente Biden per il cambiamento climatico, n.d.r.), un collega e un amico da tanti anni, per capire come procedere assieme verso il vertice di Glasgow e portare a casa dei risultati. Anche se c’è già molto slancio dopo i passi ambiziosi di Cina, Giappone, Corea del Sud, il lavoro congiunto con gli Stati Uniti assicurerà più forza al processo e maggiori possibilità di ottenere buoni risultati. Il successo di questa conferenza però sarà ancora più grande se ognuno di noi farà i compiti a casa. Dobbiamo arrivare a Glasgow raccontando ciò che stiamo facendo nel campo dell’energia, dell’agricoltura, del trasporto per ridurre le emissioni. Solo così si potrà chiedere agli altri Stati un impegno analogo. John Kerry lo sta facendo anche a casa sua. Assieme avremo un progetto per il mondo”.
    L’Ue porterà in dote la legge sul clima che prevede il taglio del 55% delle emissioni entro il 2030 e del 100% entro il 2050. Si poteva fare di più?
    “Questo obiettivo nasce da un’analisi molto approfondita. Io credo che il 55% sia un’ambizione realistica. Se andassimo oltre non ce la faremmo, anche perché la grande maggioranza degli Stati membri già trova difficile arrivare a questo obiettivo. Se anche il resto del mondo si impegnerà nella stessa direzione, il 55% dovrebbe consentirci di arrivare a zero emissioni nel 2050”.
    Alcuni eurodeputati hanno definito questa legge deludente in quanto nel conteggio è prevista anche la capacità di assorbimento del carbonio da parte delle foreste, rendendo di fatto l’obiettivo meno ambizioso. Altro punto debole è la richiesta di un target vincolante solo a livello di Unione Europea e non anche per ogni singolo Stato. Alcuni potrebbero non ridurre le emissioni: sarebbe un limite…
    “Sì, potrebbe essere un limite se ogni Stato membro non ponesse lo stesso sforzo per raggiungere l’obiettivo. Tutti devono fare la loro parte. Se ciò accadrà, e sono convinto che accadrà, avremo la possibilità di arrivare a zero emissioni nel 2050. Per quanto riguarda l’assorbimento del carbonio da parte delle foreste, dobbiamo essere onesti con noi stessi e dire che le nostre foreste sono in un pessimo stato e che occorre migliorare la loro situazione. Anche se nel 2050 ci sarà la neutralità climatica, avremo ancora emissioni che dovranno essere assorbite dalla natura. Questo ci impone di elaborare una strategia per le foreste per essere sicuri che siano in una situazione ottimale”.
    Non si può tralasciare il ruolo della politica agricola comune che entrerà in vigore nel 2023. Il mondo dell’agricoltura biologica e ambientalista ha reagito con un secco no all’orientamento su questo tema del Parlamento europeo e del Consiglio AgriFish. Lo giudicano troppo sbilanciato a favore dell’agricoltura intensiva. Non vedono le risorse necessarie per arrivare agli obiettivi indicati dalle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030: il 50% della riduzione dell’uso di pesticidi chimici di sintesi nei campi, il taglio del 20% dei fertilizzanti di sintesi, la conversione al biologico del 25% della superficie agricola europea.
    “È per questo che l’anno scorso ho detto che bisogna capire se la Pac è in linea con il Green Deal. Ma la cosa più importante è che la Pac dovrebbe aiutare gli agricoltori a compiere questa transizione e guadagnarci. La posizione adotta dai ministri degli Stati membri e da alcune parti del Palamento europeo non è sufficiente per arrivare a questo obiettivo. Il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità sono le maggiori minacce anche per gli agricoltori perché sono loro le prime vittime: basta vedere cosa sta già accadendo a causa della siccità, degli incendi boschivi, della perdita di insetti impollinatori e delle malattie di piante e animali. La Pac quindi deve aiutare gli agricoltori che ne hanno bisogno, ma purtroppo in Europa l’80% dei fondi della politica agricola comune va al 20% degli operatori agricoli e questo non è sostenibile. È una situazione che va cambiata ed è questo il mio obiettivo nella negoziazione che sto facendo con il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento”.
    Paolo De Castro, membro della commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, in un tweet ai primi di dicembre ha scritto che la riforma della Pac va fatta con gli agricoltori e non contro. Come risponde?
    “Ha ragione De Castro, nel senso che gli agricoltori sono nostri alleati nel fronteggiare la crisi climatica. Ma la Pac non si può fare nemmeno contro l’ambiente. I raccolti non crescono più come prima, le piogge stanno diventando imprevedibili e così via. Per questo molto spesso gli agricoltori si sentono spinti a scale di produzione sempre più intense: hanno paura che, con la transizione verde verso pratiche agricole sostenibili, perdano la possibilità di produrre e di guadagnarsi da vivere. Noi abbiamo un compito molto importante: dimostrare che è possibile fare questa transizione e nello stesso tempo garantire una vita sicura a chi lavora la terra”.
    Di grande attualità è anche il tema della difesa del suolo dal degrado. Significa tutelare la biodiversità e migliorare la risposta agli eventi climatici estremi. Non crede che sia urgente un Green Deal europeo per il suolo?
    “Assolutamente sì. Io vorrei che i cittadini avessero su questa questione lo stesso senso di urgenza che hanno per la crisi climatica. Noi abbiamo già annunciato un piano per la salute del suolo nella strategia sulla biodiversità. Abbiamo fatto una consultazione pubblica e ora stiamo esaminando le risposte ottenute per preparare una strategia di salvaguardia del suolo. Un suolo in salute ci offre raccolti sani ed è un investimento per la futura sicurezza alimentare. Vogliamo anche portare a zero l’inquinamento ambientale attraverso un piano, previsto per quest’anno, per l’atmosfera, l’acqua e il suolo”.
    Possiamo davvero credere nella coesione dell’Unione europea quando vediamo enormi differenze di valori da un Paese all’altro: pensiamo all’Europa dell’Est, alla questione migrazione, ai diritti Lgbt?
    “Io ci credo. Ho conosciuto un’Europa diversa, divisa anche dal muro di Berlino, e abbiamo fatto un percorso incredibile. Tutti gli Stati membri hanno firmato il Trattato che esige il rispetto delle minoranze, delle diversità. Quando qualcuno va in un’altra direzione la Commissione e gli Stati hanno il dovere di avvertirlo che sta sbagliando. Se si lascia perdere, allora ci sarà un rischio per la coesione e il futuro dell’Unione Europea. Un’Europa senza valori non è possibile”.
    Qual è la sua opinione sull’assenza di una strategia vaccinale europea? Pensa che l’Unione Europea dovrebbe avere competenze sanitarie?
    “Prima usciamo dalla pandemia e poi parliamo di competenze. In questo ultimo anno gli Stati membri hanno capito che certe cose si fanno meglio a livello europeo. Penso a quando abbiamo deciso di comprare i vaccini assieme. Sarebbe stato un incubo se gli Stati si fossero messi in concorrenza l’uno con l’altro. Ricordo che attualmente le competenze in ambito sanitario sono nazionali, ma dopo la pandemia sarebbe utile aprire un dibattito su questo tema”.

  • Agricoltura e pandemia: il confronto

    Il quotidiano di Brindisi, 16 Gennaio 2021

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  • Agricoltura: un settore resiliente

    Gente in Movimento, Gennaio 2021 

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  • Etichette nutrizionali EU. La battaglia buona dell'Italia tra Nutriscore e NutrInform

    Il sussidiario.net

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  • L'Unione ha dato prova di coesione e solidarietà

    Gli agricoltori veneti, numero 1 - Gennaio Febbraio 2021

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  • Ortofrutta, patto tra Cso e Nomisma

    Italia Oggi, 23 Dicembre 2020

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  • Nel Consiglio dei ministri dell'Agricoltura il nostro Paese ha bocciato la proposta franco-tedesca di introdurre l'etichetta “a semaforo”, considerata semplicistica e dannosa

    Continua la battaglia tra Stati membri per l'etichetta nutrizionale. L'aria natalizia non ha addolcito la battagliera ministra dell'Agricoltura Teresa Bellanova, che nel consiglio europeo della scorsa settimana con i suoi omologhi ha ribadito il suo “no” al Nutriscore, l'etichetta a semaforo che indica la salubrità di un cibo con un colore (da verde a rosso) e una lettera (da A a E) ed è il cavallo di battaglia di Francia e Germania. Secondo l'Italia il Nutriscore è una soluzione semplicistica che danneggia i prodotti tipici del nostro Paese a favore di altri di minor qualità.
    Proprio la Germania sperava di chiudere il suo semestre di presidenza europea con un altro successo: il Consiglio infatti avrebbe dovuto dare il via libera all'accordo che avrebbe spianato la strada a un'etichetta nutrizionale obbligatoria e uguale per tutti dal 2022. Invece è stato un fallimento e quelle che avrebbero dovuto essere le “conclusioni del Consiglio” sono state declassate a “conclusioni della presidenza”. Tradotto: la Germania vuole l'etichetta obbligatoria ma altri no. Italia in testa.
    “L'Italia ha tenuto duro nonostante la fortissima pressione esercitata dalla Germania - commenta Paolo De Castro, capogruppo in commissione Agricoltura del Parlamento Ue - e non si capisce il motivo di tanta fretta: la commissaria alla Salute Stella Kyriakides ha già detto più volte che la Commissione non metterà sul tavolo una proposta definitiva fino alla primavera del 2022: c'è tutto il tempo per lavorare”.
    La ministra Bellanova ha portato dalla sua parte anche Grecia e Repubblica Ceca, che nell'ultimo consiglio hanno votato compatte insieme all'Italia. Ma ce ne sono altri quattro più defilati che si oppongono al semaforo franco-tedesco e sono Cipro, Ungheria, Lettonia e Romania. Dall'altra parte, insieme a Francia e Germania ci sono Spagna, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.
    “Il fatto che il Consiglio non sia arrivato a una posizione definitiva, significa che non possono partire i negoziati con il Parlamento europeo. Non si può, insomma, lavorare sulla forma finale di questa normativa” spiega una fonte dell'organo legislativo europeo. “Il Parlamento è pronto da tempo, ma se il Consiglio non trova una soluzione non resta che aspettare”.
    Come detto, il tempo non manca: l'idea è di introdurre l'etichetta uguale per tutti da fine 2022. Nel frattempo il Beuc, che riunisce esponenti del consumerismo di tutti i Paesi Ue, accusa l'Italia pur senza nominarla: “E' una vergogna che una minoranza di Paesi continui a osteggiare soluzioni che aiuterebbero i cittadini a orientarsi verso cibi più sani” tuona Monique Goyens, direttrice generale del Beuc. “Ci sono evidenze scientifiche di alto livello secondo le quali Nutriscore è il modello più efficace e pensiamo che debba essere adottato in tutta Europa” continua Goyens.
    De Castro sottolinea però come il fronte del “no” al Nutriscore non sia composto solo da alcuni Paesi, ma “dalla maggior parte del mondo produttivo di tutta Europa” e cita la posizione di Copa-Cogeca (che riunisce la maggior parte degli agricoltori a livello europeo), l'Eda (l'industria europea del latte) e tutti i produttori di alimenti a denominazione d'origine.
    Batteria vs semaforo. Nel frattempo l'Italia ha approvato il decreto che fa sbarcare tra i nostri scaffali il Nutrinform. L'etichetta non è obbligatoria, non si applica alle Dop e alle Igp e indica la quantità di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale rapportando il dato con la quantità giornaliera di assunzione raccomandata. La “batteria” serve a capire, ad esempio, che una volta mangiata quella merendina sarà meglio non assumere altro zucchero nel corso della giornata. Nutriscore è più immediato: per 100 grammi di prodotto viene calcolata la salubrità attraverso un complesso algoritmo che tiene conto di ingredienti sani e altri meno sani. Il risultato è una lettera da A a E e un colore da verde a rosso.
    L'Italia sostiene che Nutriscore penalizzi la dieta mediterranea, assegnando all'olio d'oliva una lettera C mentre, ad esempio, le patate da friggere sono classificate A e la Coca Cola senza zucchero con B. “Mettereste la Coca Cola nell'insalata? Probabilmente no. Ecco perché non ha senso paragonarla con l'olio d'oliva” spiega il Beuc in un documento pubblicato alcuni mesi fa. Riguardo alle patate, Beuc sostiene che la lettera A si riferisca al prodotto per com'è venduto (appunto, patate tagliate e congelate) non potendo sapere se poi verranno fritte in forno o in padella, con quale tipo di olio e quanto sale.
    “Il Nutriscore non informa il consumatore ma lo condiziona” dice De Castro. “Dare la pagella ai cibi è discriminatorio e dannoso e non funziona neanche nella lotta all'obesità, che certo dev'essere l'obiettivo di tutti. In Europa ci dicono che il nostro Nutrinform è meno ‘sexy', ma in compenso è il più completo e soprattutto non si presta a strategie commerciali da parte della distribuzione, che in alcuni Paesi pubblicizza promozioni sui prodotti ‘verdi', o la ‘giornata del giallo'”.
    Ma c'è anche un terzo sistema che la Commissione prenderà in considerazione ed è quello cosiddetto “a serratura” in vigore nei Paesi scandinavi: premia il miglior prodotto nelle diverse categorie con un bollino verde. Il terzo incomodo che, in mezzo alla baruffa tra i giganti d'Europa, alla fine potrebbe avere la meglio.

  • Dall'estensione della PAC a "una forte iniezione di liquidità"

    Il Resto del Carlino, 20 dicembre 2020

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  • De Castro: 10 miliardi dalla UE per l'agricoltura

    Il Sole24Ore, 19 Dcembre 2020

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  • Dop e Igp perdono 3,2 miliardi di ricavi

    Sole 24Ore - 12 Dicembre 2020

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  • Pratiche sleali: in Italia il contrasto non c'è stato

    L'Informatore Agrario Dicembre 2020

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  • De Castro: per la zootecnia mantenute le misure accoppiate UE al 10%

    Terra e Vita  

    DAIRY SUMMIT 2020 - Le opinioni dei protagonisti 

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