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Brexit: Uiv, disagi per l'export vino tra code e costi

08 Feb 2021

Tempi dilatati, burocrazia e oneri extra
Tempi dilatati e code per operazioni doganali, nuove norme fitosanitarie, burocrazia e costi extra più o meno nascosti. Con il post-Brexit l'export di vino made in Italy sta rivelando disagi più allarmanti di quanto previsto, come sottolinea un'inchiesta pubblicata sul settimanale di Unione italiana vini (Uiv) -'Il Corriere Vinicolo'. Le interviste di produttori, importatori e spedizionieri mettono in evidenza una situazione preoccupante su più fronti: da quello logistico, con l'eurotunnel che viaggia a rilento e il sistema doganale inglese in sofferenza sotto il carico del nuovo lavoro), a quello informatico per il disallineamento tra sistemi Ue e Uk. Pesano poi i nuovi costi dello sdoganamento, come anche lo spettro del cambio di formula sugli accordi di gestione del trasporto e delle pratiche doganali, con nuovi oneri a carico delle imprese, anche a seguito dell'adeguamento dalla formula "ex-works" alla Fca (free carrier). Tendenza confermata dalla Wsta, associazione di oltre 300 tra importatori, distributori e aziende di trasporto del settore wine and spirit inglese, che, secondo quanto riportato nell'inchiesta, tranquillizza sul fronte sistema delle accise dove si sta lavorando con il governo per renderlo più equo. Tra le altre testimonianze, quelle degli spedizionieri con le associazioni Confetra, Assocad e l'operatore Mail Boxes e dei produttori Zonin1821, Serena Wines, Schenk e Fratelli Martini, tra i principali esportatori in un mercato da circa 750 milioni di euro l'anno per il vino italiano.